Balt Hüttar – Trinkh Met Miar
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L’album Trinkh Met Miar abbraccia stili e lingue diverse che convergono in un’unica armonia: i testi spaziano dall’antica lingua Cimbra dei Sette Comuni a quella italiana fino ad arrivare a quella inglese, su uno sfondo musicale che affonda le sue radici nella musica folk popolare di ieri e di oggi spaziando fino ai ritmi tipici dell’heavy metal. Un mix che ha come obiettivo quello di abbattere le barriere territoriali e unire la piccola realtà dell’altopiano vicentino a quella internazionale. I brani orbitano attorno alle profonde radici che li legano alla loro terra poiché, come hanno dichiarato, “siamo gli unici ad aver vissuto immersi davvero in questo contesto culturale”.
Italia di Metallo –
fonte: http://www.italiadimetallo.it/recensioni/24350/balt-huttar/trinkh-met-miar
I Balt Huttar ebbero già modo di farsi conoscere sulle pagine di Italia Di Metallo con una demo interessante, ma che necessitava assolutamente di una certa personalizzazione per poter sfruttare appieno il potenziale della band. A circa quattro anni di distanza da suddetta release, il gruppo Cimbro torna alla carica con questo LP di ben tredici brani, tra composizioni inedite e ripescaggi dalla precedente demo.
Ad aprire le danze è ‘Liid Dar Tzimbar’, intro dalle arie tipicamente folk, con strumenti a fiato e a corda. Segue ‘Dating A Witch’, brano già presentato nella precedente release, dai rimandi heavy/folk e circondato da un’aura vagamente demenziale. Lavoro scorrevole e classicheggiante, presenta qualche ideuzza che aumenta lo spessore qualitativo. ‘Trink Bain, Trink’ è una composizione assolutamente festaiola pregna di un ritmo galoppante e un cantato decisamente a tema, e ad essa si collega ‘Another Drinking Song’, traccia già proposta nella citata demo dall’incedere da taverna dove voce e batteria regalano un ritornello poco complesso ma sicuramente funzionale. ‘Bar Zeinan Noch Hia’ è una traccia movimentata e allegra cantata in italiano e che sembra quasi voler sottolineare che la band sia non solo viva e vegeta, ma anche con tanta voglia di darci dentro. Come nota a parte, volevo anche dire che tra il cantato così diretto e l’incedere sparato, mi sono tornate alla mente quelle vecchie composizioni punk rock/folk punk senza fronzoli e che vanno subito al punto senza girarvi troppo attorno. ‘Tzimbad Baip’ è un altro brano allegro e diretto dove fa capolino anche la voce femminile che ben si sposa con l’atmosfera folk, proponendo un cantato limpido e con rime funzionali. ‘Tantzasto Met Miar’ propone un duetto canoro che crea una certa varietà, per un brano veloce, non particolarmente memorabile, ma che se ne scende con una certa scorrevolezza. Segue ‘Tzimbad Tantze’ , un delizioso intermezzo strumentale. ‘Living Fast’ è un lavoro molto diverso che mette momentaneamente alle spalle le arie festose che hanno contraddistinto la band finora, in favore di un ritmo più veloce che dà un maggior rilievo alle distorsioni e a cui addirittura meglio pare accodarsi il cantato. Altra nota a parte: non nego di aver respirato, a tratti, arie più vicine ad un symphonic death melodico. Gran bel lavoro. Si continua con ‘Maine Liibe Perg’, brano articolato e dalle diverse sfaccettature già proposto nella demo, a cui segue un secondo intermezzo, ‘Khriighenacht Boarspill’, un requiem che rievoca i periodi di guerra. Ci avviciniamo alla conclusione con ‘Khriighenacht’, canzone lunga e articolata che si mantiene solenne nella prima parte, salvo aprirsi mano a mano, proponendo un cantato struggente e appassionato che ci narra una triste storia. Ben fatto. ‘Bill Kheeran Dar Balt’ è una chiusura assolutamente malinconica rinforzata da un cupo monologo.
Un disco molto interessante dove la band mette in risalto molti lati di sé. Sembra quasi esaltare un’evoluzione diretta in sound e tematiche. L’LP parte con canzoni di festa: gli strumenti, il cantato, è tutto felice e assolutamente spontaneo. Mano a mano, il tutto si trasforma, passando da atmosfere di gioia fino a raggiungere un’aura di riflessione, mestizia, malinconia. Una buona pensata che, unita all’ingegno della band tutta nel metterla in pratica e alle idee proposte, ci dona un lavoro piacevole e interessante.
Francesco Longo
TrueMetal –
fonte: https://www.truemetal.it/recensioni/trinkh-met-miar
Da tempi immemori nello Stivale moltissime popolazioni si incrociarono agli indigeni. Una di queste erano i cimbri, un popolo germanico-scandinavo il cui retaggio culturale sopravvive ancora oggi. Fra le zone abitate da loro figurano zone del Trentino, del veronese, dell’Altopiano del Cansiglio e, soprattutto, dell’Altopiano di Asiago. Ed è da questi ultimi luoghi – o non lontanissimo da essi- che proviene chi si ispira, almeno in parte, al ricordo di quelle antiche genti. Stiamo parlando dei Kanseil, dei Brünndl, dei Vallorch e dei presenti Balt Hüttar (Guardiani del Bosco). Formati nel 2011 da un’intuizione del polistrumentista Matteo Pivotto, la band originaria dell’Altopiano di Asiago (VI) propone un amalgama particolare di influenze musicali e idiomi da loro definito “Cimbrian Folk Metal”.
Dopo il primo EP intitolato “Tzimbar Tantze” (2014) la band vicentina ha rilasciato quest’anno “Trinkh Met Miar”, il loro primo full-lenght, disco consistente di nove inediti più quattro brani tratti dal precedente EP. La scelta del gruppo di accostare liriche in cimbro, italiano, inglese e veneto (fugacissime incursioni) mira a portare il locale nell’internazionale, ma con un loro stile. Già a partire dal significato di “Trinkh Met Miar” – che in cimbro significa “Bevi con me” – viene anticipato l’aspetto prettamente goliardico delle loro canzoni ed un entusiasta invito alla danza. L’artwork, invece, pare anticipare – oltre il cuore pagano – l’altra faccia della medaglia, quella nostalgica ed a volte cupa, alla “bevi con me per dimenticare”.
Musicalmente le tredici tracce sono una sorta di melting-pot in cui convivono – in proporzione variabile – il mondo squisitamente germanico, quello celtico (specie nell’istinto punk alla Dropkick Murphys e Fiddler’s Green) e quello nordeuropeo (affine ai Korpiklaani ed agli Ensiferum). Ciò si traduce in canzoni nel loro genere gradevoli all’ascolto, che si stampano velocemente nella mente, eppure dotate di una loro complessità. Ci sono delle tracce che colpiscono particolarmente per esecuzione, ispirazione, convinzione e maggiore potenza.
Tra i brani più solari figurano “Another Drinking Song” e “Tzimbar Baip”. Se il primo convince per una vivacità contagiosa, la seconda coinvolge per un’epica fusione cimbro-celtica trainata dalla bella e luminosa voce di Ilaria Vellar. Tra le canzoni più malinconiche e tristi (concentrate circa nella seconda metà del disco) sono da menzionare “Living Fast”, “Maine liibe Perg” e “Khriighenacht”. Il primo brano travolge per un riuscito equilibrio tra l’istintività esecutiva ed una complessità a tratti prog, mentre “Maine liibe Perg” ha un altro approccio: la traccia affascina per la profonda nostalgia a tratti struggente ed a tratti serena e giocosa. Infine, “Khriighenacht” colpisce per essere un drammatico crescendo a sfondo bellico culminato dall’energico ed espressivo dinamismo tra le voci di Jonathan Pablo Berretta e di Ilaria.
Con “Trinkh Met Miar” i Balt Hüttar ci offrono una personale lettura del complesso sub-strato culturale locale, in bilico tra arcaico passato e moderno presente. Alcune delle canzoni (fra cui “Liid Dar Tzimbarn”) sono tra l’altro pezzi tradizionali cimbri riproposti dai vicentini. L’alternanza tra i vari idiomi non pare per nulla forzato e crea sia un tratto distintivo del gruppo, sia dinamicità nei brani. Un vago sentore di eccessiva canonicità rintracciabile a volte qua e là può essere un po’ il limite del disco, altrimenti vi è una certa personalità di fondo, incorniciata da una buona produzione e da un sound roccioso. Band con un potenziale margine di miglioramento. Promettenti.
Elisa “SoulMysteries” Tonini
Mister Folk –
fonte: https://misterfolk.com/tag/recensione-balt-huttar-trinkh-met-miar/
I Balt Hüttar sono una nuova realtà che si affaccia sulla scena folk metal italiana. In verità la band veneta ha esordito nel 2014 con il demo Tzimbar Tanze, ma è con questo full-length dal titolo Trinkh Met Miar (“Bevi con me” in cimbro) che il nome del gruppo inizia a circolare tra addetti ai lavori e pubblico. L’amore dei musicisti per la propria terra è palese e nelle tredici tracce dell’album c’è spazio per il folklore popolare, le storie del popolo cimbro e per le vicende che hanno segnato l’Altopiano di Asiago. Fin dai primi ascolti è possibile rendersi conto delle genuinità dei ragazzi, è chiaro che sono spinti da una sana passione per il genere e che a suonare si divertono non poco. Ci sono dei momenti molto intensi e ben fatti, altri dove viene dato spazio all’aspetto più godereccio del folk metal, così come ci sono dei passaggi che mettono in mostra le potenzialità del gruppo non pienamente espresse. Essendo Trinkh Met Miar un esordio, come spesso capita, sono presenti anche dei brani meno ispirati o che forse potrebbero rendere meglio con alcuni dettagli maggiormente curati, ma sono “errori” di gioventù che con il passare del tempo (e dei concerti) verranno sistemati dai musicisti.
I quarantanove minuti di Trinkh Met Miar sono divisi in tredici tracce, comprese intro in cimbro e intermezzo a circa metà disco. Le canzoni sono ben fatte e accattivanti salvo un paio di composizioni sottotono che allungano il disco senza particolari spunti. Tra i brani più suggestivi vanno sicuramente menzionati Dating A Witch, folk metal diretto che si sviluppa con personalità nella seconda parte, il divertente Trink Bain, Trink, brano movimentato sulla linea di quanto fatto dagli emiliani Kalevala hms e sicuramente un pezzo che dal vivo coinvolgerà anche il più pigro degli spettatori. Su coordinate simili si muove Another Drinking Song, simpatica quanto immediata anche grazie all’ottimo lavoro degli strumenti folk, mentre qualcosa di diverso è possibile ascoltare nelle convincenti Tzimbar Baip, cantata da Ilaria Vellar, e Tantzasto Met Miar (un invito a ballare da parte del cavaliere alla sua dama) che vede alla prova per la prima volta il duetto Berretta/Vellar con buoni risultati. I cantanti dei Balt Hüttar alternano inglese, cimbro e italiano, ma sono i testi in quest’ultima lingua che dovrebbero essere curati maggiormente per evitare risultati non all’altezza della musica come nel caso di Bar Zeinan Noch Hia e in parte Khriighenacht. La chiusura è affidata alle delicate note di Bill Kheeran Dar Balt: non potrebbe esserci conclusione migliore.
Trinkh Met Miar è un lavoro fatto con il cuore in grado di far divertire ed emozionare più di una volta. Alcuni passaggi (soprattutto vocali) sono da rivedere e rendere più personali e maturi, ma i Balt Hüttar (“Guardiani del bosco” il significato del nome) mostrano con questa release la voglia e la capacità di raccontare storie magari semplici ma importanti: il risultato è discreto, dei momenti sottotono ne faranno esperienza e il prossimo disco sarà sicuramente un passo in avanti per la band.
Mr. Folk
MetalWave –
fonte: http://www.metalwave.it/recensione.php?id=8434
Quando il folk metal lascia il segno si sente e non poco; a darcene un esempio reale, dinamico e festaiolo sono i vicentini Balt Huttar all’esordio con questo “Trinkh Met Miar” con il quale si dilettano attraverso un sound tipicamente folk metal lasciando apprendere al meglio la natura, gli usi e le consuetudini del popolo dei Cimbri e immancabilmente della propria terra natia. Ciò che indubbiamente caratterizza il lavoro al di là del buon contenuto dei brani, è la forte convinzione della band su questo progetto che inavvertitamente lascia trasudare nota dopo nota tutta la propria personalità e l’immancabile passione che li lega alla propria area geografica d’origine. Il clima in ogni caso è tipicamente coinvolgente, festoso, ricco di iniziativa; attraverso il sound tipico del genere, ritmiche ben studiate tra distorti contenuti, organetti e quant’altro mettono sin da subito di buon umore. La band, ispirata dalla musica popolare tedesca e scandinava, non tarda ad omaggiarci attraverso ritmiche intense e compatte mostrando al meglio tutto il proprio potenziale; le tredici tracce del disco, di varia e diversificata intensità, non tardano a mettersi in evidenza a cominciare dall’effettiva opener del disco “Dating A Witch”, preceduta da un intro, che mette in evidenza sin da subito la natura e l’annessa capacità della band a coinvolgere appieno l’ascoltatore nei suoi motivi festosi e divertenti, compatti e dinamici; “Trink Bain Trink” ricorda molto Tom Angelripper alle prese con i numerosi album usciti con il suo progetto parallelo degli Onkel Tom. A rendere sempre festosa la scena è l’immancabile organetto su cui si appoggiano sia corali che ritmiche compatte e potenti passaggi metal come accade in “Another Drinking Song”. Il potenziale della band non cessa neanche nei successivi brani dove meritano essere ricordati “Tzimbar Baip” e la splendida “Living Fast” all’interno della quale emerge al meglio il potenziale della band tra folk e metal con alternanze tra violino e fisarmonica e con momenti più o meno diretti; “Main Liibe Perg”, cantata in lingua italiana, offre uno scenario inizialmente malinconico per poi offrire una suggestiva soluzione ritmica; i rimanenti “Khriighenacht Boarspill”, “Khriighenacht” e “Bill Kheeran Dar Balt” , quest’ultima con la sua suggestiva narrazione iniziale supportata da un flauto, rievocano non poco lo spirito e l’ideale che ha insita questa band nel sentire appieno le proprie origini riuscendo a coinvolgere anche ascoltatori ignari di splendidi scenari e paesaggi fatti di festa, poesia e di storie tramandate; un disco ben riuscito che non tarderà a conquistare il cuore di fan appassionati di epic e folk metal.
Wolverine